mercoledì 18 giugno 2008

La digitalizzazione imperfetta

Ancora qualche anticipazione dalla ricerca in corso sulla PA. Oggetto di questo post sono alcuni fenomeni che hanno caratterizzato l'introduzione delle tecnologie dell'informazione nella PA italiana, dando luogo a quella che si potrebbe definire una "digitalizzazione imperfetta".

Trasferimento inappropriato rispetto alle organizzazioni. A volte, quando si sono acquisite le tecnologie, non si è verificata la loro compatibilità con le procedure e persino con i sistemi di norme esistenti (è il caso – menzionato da un esperto durante uno dei focus group - di un software per la contabilità che non consentiva di registrare le spese secondo le modalità prescritte dalle normative in uso).

Trasferimento inappropriato rispetto agli utenti. In alcuni casi, l’introduzione delle nuove tecnologie e di nuove modalità di prestazione dei servizi si è scontrata con il fatto che gli utenti dei servizi ancora facevano riferimento alle procedure di carattere tradizionale; per esempio, in alcuni concorsi interni alla PA si è provato a introdurre procedure di iscrizione “on line”, che tuttavia sono state utilizzate soltanto da pochi funzionari, mentre gli altri hanno preferito utilizzare la posta, che a loro parere, offriva maggiori garanzie per la registrazione sui protocolli.

Confinamento delle capacità di gestione della tecnologia. In molti casi, la gestione del processo di trasferimento è stata affidata a soggetti esterni alle amministrazioni, e di conseguenza non si sono prodotte capacità, né conoscenze interne per la gestione delle tecnologie.
In molti casi, sono stati messi in opera servizi fondati sull’uso delle ITC e basati sul web (siti web degli enti pubblici, prestazione di servizi “on line”). Quasi sempre però la loro gestione è stata affidata a specifiche entità nell’amministrazione o a soggetti esterni all’amministrazione, senza che fossero modificate nell’insieme le forme di organizzazione e di realizzazione delle attività.

Frammentazione tecnologica. Quasi mai si è coordinata l’introduzione delle ICT e lo sviluppo dei loro software tra amministrazioni diverse, ma coinvolte nella realizzazione di servizi e di attività contigue (è per esempio il caso delle “borse del lavoro” che sono state costruite in modo diverso a volte persino tra i servizi per il lavoro della stessa regione).

Riproduzione dei modelli organizzativi esistenti.In molti casi, la distribuzione delle nuove apparecchiature non ha seguito criteri relativi all’utilizzazione effettiva, ma criteri connessi al rispetto delle forme organizzative e gerarchiche (così, per esempio, i computer sono stati per prima cosa collocati sulle scrivanie dei dirigenti, anche quando questi non avevano le capacità di utilizzarli).

Limitazione della portata dell’innovazione. Le nuove tecnologie sono state utilizzate soprattutto come un ausilio alla realizzazione delle attività e delle procedure già esistenti, mentre di rado sono state usate come struttura per la riprogettazione delle procedure o, addirittura, delle organizzazioni. Le potenzialità delle ITC, anche solo come ausilio all’attività amministrativa, sono state utilizzate solo parzialmente, così – per esempio – le e-mail sono utilizzate ancora in misura ridotta e nell’uso della posta elettronica si fa riferimento alle stesse procedure di comunicazione utilizzate in precedenza.

Sottovalutazione dell’impatto sulla domanda di servizi. In alcuni casi, come quello di alcuni servizi locali “on line” si è sottovalutata l’utenza potenziale, così che si sono prodotti lunghi tempi di attesa per la prestazione del servizio e le aspettative degli utenti per un più rapido e semplice servizio sono state disattese; in particolare, questo è accaduto spesso nella attivazione dei “call center” delle amministrazioni.

Introduzione di intermediazioni superflue. In alcuni casi – come per esempio, quello dell’accesso alle informazioni catastali - si è introdotta la possibilità di accedere ai servizi “on line” solo attraverso la mediazione di soggetti privati, con costi superiori e tempi più lunghi di quelli necessari per accedere ai servizi in modo tradizionale, così che molti utenti hanno rinunciato ad utilizzare le nuove modalità di accesso ai servizi, tornando a frequentare gli “sportelli” tradizionali.

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