Da alcuni giorni l'Italia s'è desta ed è diventata lo scenario di pogrom, di quelli classici - con l'attiva partecipazione della popolazione organizzata da un soggetto collettivo più o meno occulto - ad alcuni in parte nuovi, gestiti e organizzati dalle autorità pubbliche, per gestire il consenso della popolazione.
Non è un buon segno.
L'Italia è anche attraversata in questo stesso periodo da altri fenomeni: crisi della rappresentanza e della politica, crisi delle capacità economica, crisi del sistema educativo e di socializzazione dei giovani, stasi della ricerca scientifica e tecnologica, e così via.
In sostanza, una crisi dello sviluppo, assecondata e alimentata dalla politica, che rinuncia a osservare la "realtà" e rinuncia a politiche di sviluppo - che nel mondo attuale vuol dire anche politiche che sostengano la pluralità culturale, la produzione scientifica e le sue applicazioni, l'apertura delle economie (cfr. anche la passione internazionale intorno alle tesi di Florida).
Lo iato tra la politica e la realtà e l'allontanamento delle persone dalla realtà effettiva per cui vivono per ritirarsi in un mondo virtuale popolato di mostri (come quello delle fiabe infantili e dei miti delle origini) sono stati oggetto fino ad ora di ricerche piuttosto "tradizionali", che hanno guardato alla dimensione istituzionale e della rappesentanza, a quella delle organizzazioni, a quella economica e persino - in qualche caso - a un ritorno a tesi vecchie come quelle dell'utilitarismo.
Forse, invece, è ora di pensare a nuovi programmi di ricerca. Si tratta, per esempio, di capire dove hanno origine e come funzionano le emozioni, al livello collettivo e al livello individuale; come possono convivere orientamenti diversi e contraddittori; come la "pluralità" di fatto che caratterizza le nostre identità coesiste con le paure dell'alterità; come in un mondo sempre più globalizzato e apparentemente uniforme le alterità si alimentano.
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